Ci sono molte ragioni all’origine del dibattito interno al movimento cooperativo sulla necessità e l’opportunità di procedere a una rivisitazione dei modelli di governance in essere. Ragioni legate allo scopo di rendere le cooperative più funzionali, capaci di prendere decisioni rapide e ben motivate e quindi in grado di cogliere al meglio gli obiettivi di efficienza e competitività a cui tutte le imprese, anche quelle cooperative, mirano. Ragioni di adeguamento dei processi decisionali a dimensioni mutate nel corso del tempo e ragioni di trasparenza nel rapporto con i soci. Vi è da aggiungere, ma non è la ragione più importante, che sui loro meccanismi di governance le cooperative, specie quelle più grandi, sono state criticate.
Della questione si è occupato il Congresso Lega e successivamente sia la Direzione Lega che gli Organismi delle Associazioni. C’è stato un lavoro di elaborazione cui ha fatto seguito un percorso attuativo tutt’altro che concluso. D’altra parte, l’argomento va al cuore dell’impresa cooperativa e non va né banalizzato né semplificato.
Su questo specifico tema, il ruolo svolto da Legacoop è quello di individuare e diffondere le linee guida, un corpo di orientamenti validi per tutte le cooperative a partire dalle identità comuni, lasciando poi alle Associazioni il compito di adattare al settore gli indirizzi generali e alle singole cooperative il compito di rivisitare i propri strumenti di governance in modo coerente con gli orientamenti generali e con la propria cultura aziendale. Spetta alla Lega anche un compito di monitoraggio su tempi e modi dell’applicazione.
Prendendo spunto da quanto previsto nel nuovo ordinamento civilistico, sono tre le possibili alternative che si aprono al mondo cooperativo: il sistema monistico, quello dualistico e quello ordinario o tradizionale. Se il monistico è difficilmente applicabile, è invece possibile una cooperativizzazione del modello duale ed una evoluzione del sistema ordinario. Comunque, qualsiasi sia il sistema adottato, al centro del governo dell’impresa cooperativa deve essere il socio, sia che i soci siano dieci o che siano un milione. E poi importante distinguere ruoli di indirizzo e controllo (sempre in capo ai soci e ai loro rappresentanti) da ruoli più propriamente gestionali.
Entrando ancora più nel merito, è bene individuare alcuni dei nodi di fondo su cui si è cercato di ragionare. In primo luogo il principio della “porta aperta”: principio fondamentale nella cooperazione in quanto garantisce l’estensione del servizio mutualistico svolto dalle cooperative a una più ampia platea di cittadini che non sia solo quella dei soci fondatori e principio di grande attualità perché lo scopo, come è evidente, non è solo garantire un adeguato ricambio generazionale ma favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro rinnovando e ampliando al tempo stesso la base sociale. Opportunamente, le condizioni di ammissione sono determinate in base alla tipologia dello scambio mutualistico, ai settori di attività e alle prospettive di sviluppo. Criteri di equità e trasparenza devono però essere alla base delle procedure di accesso e particolare attenzione deve essere garantita all’inserimento e alla formazione dei giovani. Significativo è poi il ruolo dell’informazione da dare ai soci su tutte le decisioni economiche più importanti, in particolar modo quelle che comportino l’investimento di quote rilevanti del patrimonio sociale. L’informazione è in effetti la condizione prioritaria per garantire una partecipazione attiva all’assemblea e per valutare responsabilmente i comportamenti degli organi gestionali. Tanto più grande è la cooperativa e più complessa l’organizzazione societaria, tanto più precisa e frequente dovrà essere la periodicità dell’informazione. Altrettanto impegno si dovrà porre nel valorizzare e rendere più efficienti i meccanismi di partecipazione con una maggiore attenzione alle modalità di convocazione dell’assemblea ricercando criteri efficaci per dare ampia informazione alla convocazione, incentivando il ricorso alle assemblee separate, valorizzando il voto per delega. Attenzione inoltre per le maggiori cooperative ad istituire strumenti stabili per dare continuità ed effettività alla partecipazione dei soci alla vita sociale.
Proprio con lo scopo di garantire il concorso del socio al governo dell’impresa, occorre creare delle condizioni che permettano a tutti di concorrere alla scelta degli organi di gestione e di accedere alle cariche sociali. A partire da queste premesse è importante diffondere procedure già presenti in alcune cooperative come la formalizzazione di regolamenti elettorali, la formazione di commissioni elettorali, l’istituzionalizzazione del voto di lista, l’adozione di meccanismi e strumenti volti a rafforzare la presenza femminile e, in caso di compresenza nella base sociale di soci cooperatori e soci finanziatori, l’adozione di strumenti di garanzia del corretto bilanciamento degli interessi. Elemento da perseguire con attenzione è poi la rotazione nelle cariche sociali tanto più in un’impresa cooperativa che ha il compito di preparare per tempo seconde linee, più giovani, pronte ad assumere responsabilità più elevate. Importante anche considerare il tema dei limiti al cumulo degli incarichi dei singoli amministratori e disciplinare equamente e in modo trasparente il trattamento economico dei propri manager.
Utile inoltre ragionare su meccanismi in grado di assicurare una dialettica tra organi sociali e una chiara attribuzione di responsabilità.
Una riflessione a parte è stata dedicata ai gruppi societari a controllo cooperativo i cui atti e comportamenti dovranno essere coerenti alle finalità mutualistiche della cooperativa o delle cooperative capogruppo. Perseguendo questa finalità, la capogruppo è chiamata a svolgere un esercizio rigoroso del ruolo della proprietà approvando i piani e gli indirizzi strategici delle controllate e verificandoli, costruendo un sistema di regole e procedure a cui attenersi, salvaguardando la missione assegnata e consentendo ai soci della cooperativa controllante di svolgere un ruolo attivo.
Aldo Soldi
L’articolo sulla governance nelle cooperative è interessante ed ampiamente condivisibile. E’ da rilevare però che sembra più indirizzato alle grandi cooperative, quelle che hanno migliaia di soci e/o fatturati multimilionari. Per le cooperative minori il problema fondamentale è quello della informazione ai soci in quanto, per gli incarichi direttivi (Consiglio, presidenza), data la situazione finanziaria, in genere non c’è affollamento di pretendenti. Per quanto riguarda le “porte aperte”, sono d’accordo, ma, per la PL questo concetto va coordinato con le possibilità di lavoro per i soci.
Condivido la riflessione sulla governance nelle cooperative.
A mio avviso il duale può rappresentare una soluzione per quanto riguarda le cooperative grandi caratterizzate da un’ampia base sociale ovvero evitare che si formi un governo societario autoreferenziale e senza che vi sia distinzione tra controllore e controllati e altresì che non vi sia rispetto delle minoranze:se la cooperativa vuole essere un modello di impresa caratterizzato dalla democrazia fra i suoi soci una governance che tuteli ogni sinolo socio non può che essere la base su cui poggiare tale democrazia.